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C\'era Un Volta. Fabio Fortuna 22/05/2012

C'era una volta che poi crollò.
Lo spavento all'inizio fu tantissimo. Tutti si mobilitarono per ridurre al minimo il disastro del crollo. In special modo per non far slittare l'inizio della favola. Ma nonostante tutto si crearono fastidiosi ingorghi di persone, a causa degli ingombranti mezzi per la riparazione.
Di fatto cercare di riparare la volta stava peggiorando le cose: da una parte la popolazione degli ascolta favole pretendeva che si andasse avanti ugualmente, dall'altra l'inagibilità e la precarietà strutturale della volta impediva un qualsiasi concreto passo in avanti nel racconto.
D'altronde era anche prevedibile il cedimento, neanche il Sole dura per sempre, figuriamoci la struttura c'era una volta.
Un manipolo di racconta favole si chiamò a raccolta sotto le maceria del c\'era una volta e cercò di capirci qualcosa. C\'era chi provava a rimettere i mattoni così come se li ricordava, chi si aiutava con travi di legno a tenere su tutto, chi puntava sull\'incastro casuale. Niente. Quella volta lì non voleva saperne di tornare su.
Intanto il popolo degli ascolta favole iniziava a mugugnare. Non capiva del perché non si andasse avanti. Era crollata una volta, bastava spostarsi più in là e si trovava una strada, anche più comoda per andare avanti rispetto agli angusti spazi delle volte.
I racconta favole confrontavano le loro memorie per poter ricostruire quell\'architettonico locus amoenus favolistico, ma con scarsi risultati.
Conclusero che fosse una struttura talmente ben consolidata nel tempo da vivere di vita propria. Come se al suo interno la volta avesse un organismo capace di nutrirsi della forza della struttura stessa.
Erano in fondo solo racconta favole, mica carpentieri.
Uno degli ascolta favole più attenti iniziò ad urlare qualcosa verso di loro dalla barriera di recinzione del cantiere per la ristrutturazione.
-Muovetevi! Proseguite!
Qualcun altro prese fiato ed urlò a sua volta -Se non andate avanti voi andremo avanti noi!- ed indicò la strada.
Il popolo degli ascolta favole iniziò a bisbigliare qualcosa. Un lento e crescente bisbiglio di assenso arrivò chiaro fino alle orecchie dei racconta favole.
Era ora di parlare agli ascolta.
I tre più riconosciuti racconta si fecero verso dov\'erano radunati gli ascolta. Prese la parola il più rispettato, sia per anzianità che per saggezza.
-Dall\'inizio dipendono le sorti del come si prosegue. C\'era una volta bellissima, patria di tutti i racconti, di tutti i perché e di tutti i lieti fini. C'era una volta capace di condurci oltre i problemi che ci affliggevano. C'era una volta che è crollata, e che rimetteremo in piedi per poterci ancora passare sotto, sotto la nostra guida, fino alle strade che portano al lieto fine.
Finite le sue parole gli ascolta lo guardarono, soppesando le sue parole. Era da molto che non si ritrovavano tutti lì, fermi, bloccati da un\'opera di restauro che li stava ammuffendo.
Iniziarono a scambiarsi qualche occhiata tra di loro mentre il secondo dei tre racconta favole, più giovane più basso e con più enfasi nella voce, fece il secondo discorso.
-Ascoltatori di favole di terra, di mare e dell\'aria! Ascoltatori di rivoluzioni e di legioni! Ascoltate! Un\'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. (bisbigli vivissimi). L\'ora della restaurazione è irrevocabile. Il saldo del preventivo dell'opera di restauro è già stato consegnato ai banchieri di Germania e di Francia. (bisbigli, esclamazioni, grida altissime di “No Volta! No Volta!"). Scendiamo in campo per gli ascolta favole dell\'Occidente, che, in ogni tempo, hanno permesso la marcia, e spesso insediato l'esistenza medesima del tradizionale C\'era-Una-Volta!
Ormai gli ascolta a malapena prestavano orecchio ai racconta, tanto stavano bisbigliando. Poi prese parole il terzo ma l'irrimediabile era successo.
Gli ascolta parlavano tra di loro scambiandosi cenni di assenso e di accordo. Se quando parlava il primo racconta tutti lo guardavano in silenzio, durante il secondo iniziarono i bisbigli, e durante il terzo smisero anche di guardare. Si guardavano tra di loro. Parlando e trovandosi d\'accordo.
I tre racconta si guardarono a loro volta, un po\' persi e un po\' curiosi, di ciò che stesse accadendo.
Gli ascolta decisero all\'unisono di lasciare lì i racconta e di proseguire per racconto loro verso la strada.
-Fermatevi! Dove credete di andare?- lampo d'un tuono il secondo racconta favole -Dove credete di andare? (bisbigli e fischi).
Gli ascolta ignorarono le calve parole del basso racconta e seguirono per la direzione prestabilita.
-Vi prego popolo degli ascolta favole, non prendete questa decisione -tornò a parlare il più saggio, quello con gli occhiali- non lasciate che l'impazienza e l'incomprensione vi fuorviino e vi mandino fuori rotta, con il solo intento di perseguire ad una strada nuova annullerete il vostro ruolo di popolo! Non ha forse un popolo bisogno di chi gli indichi la via? Non ha forse bisogno di qualcuno che lo conduca e che gli racconti la vita? So che possono sembrare momenti difficili, ma vi chiediamo pazienza per risolvere assieme questo momento.
Il terzo dei racconta subito approfittò della pausa ed intervenne, incontinente di parlare e con gli occhi chiusi. Non è chiaro se chiusi per il trasporto o per lo sforzo.
-Caro popolo degli ascolta favole. C\'era un volta volta il Paese che amavo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di racconta favole, qui ho anche appreso la passione per i racconti...
Ma non funzionava più. Riaprendo gli occhi vide un gran bel gruppo di persone che gli davano le spalle mentre camminavano verso la strada.
-Perché ve ne andate? Perché ci fate questo? -chiede il saggio togliendosi gli occhiali- Che ne sarà di noi?
Uno degli ultimi ascolta, uno di quelli che chiudeva il gruppo per non farlo disperdere, si voltò verso il saggio abbozzando un sorriso.
-Lei è intelligente racconta favole, la chiamano il saggio. Ma non capisco se ormai anche lei crede in ciò che millanta, il che mi farebbe anche tenerezza, o se invece persevera in queste favole per mantenere il suo ruolo di racconta, il che mi sembrerebbe più umano, quindi più vero e più cattivo.
Avete un cilindro bellissimo, e i vostri baffi sono i più curati del Paese, ma quello che vi togliamo è il gusto di mostrare a qualcuno questi vostri ornamenti! Vi togliamo ruolo di racconta, senza violenza, semplicemente destituendo noi dal ruolo di ascolta. Raccontante le vostre favole alle vostre macerie, noi proseguiamo da noi la nostra favola. Forse la trasformeremo in un dramma, o forse in una commedia, ma saremo noi a farlo.
-Ascoltati -intervenne sogghignando il terzo dei tre racconta- sei diventato un racconta anche tu, ascoltati. Indossa questo cilindro come noi ed aiutaci a ricostruire tutto come quando c\'era una volta. Quando le favole erano bellissime e voi ascolta eravate allegri e con i capelli tutti gonfi e con i baffi.
L\'ascolta sorrise di nuovo, sorrise amaro, aspro, acido ed altri aggettivi per a.
-La strada che stiamo prendendo non ha bisogno di cilindri, né di ascolta, né di racconta. Quella strada può portarci dritti contro un muro o verso il cielo. Ma se ci ritroveremo fermati da un muro, sapremo che a sbagliare siamo stati noi. E che dovremo fare meglio. Non ci sarà nessuno a dirci che dobbiamo rimanere fermi ad ammuffire per colpa dei vostri compromessi architettonici a causa di un'opera di restauro infinita!
Detto questo fece un cenno di saluto quasi amichevole ai tre e al trotto raggiunse quelli che erano gli ascolta.
I tre racconta si guardarono sviliti. Distrutti da dalla loro stessa demagogia.
Attorno a loro, man a mano che il che il gruppone si finisse di allontanare, piombò giù un silenzio ed un sole che gli steli d\'erba in mezzo al selciato si ingiallirono, o quasi, e la polvere sembrò molta di più.
Con un passo funereo raggiunsero l\'altro manipolo di racconta.
-Cos'è accaduto? Com'è accaduto?
-Cosa faremo? Come faremo?
-Cosa diremo? A chi lo diremo?
Poi non seppero più dirsi nulla.
Sì perché se anche si fossero detti qualcosa, o avessero escogitato qualcos\'altro, o compreso altro ancora, non sarebbe importato, non sarebbe servito a nulla perché non avrebbero avuto nessuno a cui dirlo. Nessuno a cui raccontarlo. Nessuno per cui lucidarsi il cilindro la mattina.
Ormai non era più il loro turno, la loro volta, e tornarono con i loro cilindri tristi nel mondo delle cravatte e delle sedie in pelle. Il mondo da dove erano venuti.
Un mondo dove se non c\'è nessuno che ti ascolta, non esisti.



“-Nel senso, veda, che l'autore che ci creò, vivi, non volle poi, o non potè materialmente, metterci al mondo dell'arte. E fu un vero delitto, signore, perché chi ha la ventura di nascere personaggio vivo, può ridersi anche della morte. Non muore più! Morrà l'uomo, lo scrittore, strumento della creazione; la creatura non muore più! E per vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere prodigi. Chi era Sancho Panza? Chi era don Abbondio? Eppure vivono eterni, perché - vivi germi - ebbero la ventura di trovare una matrice feconda, una fantasia che li seppe allevare e nutrire, far vivere per l'eternità!

-Tutto questo va benissimo! Ma che cosa vogliono loro qua?

-Vogliamo vivere, signore!”


Sei personaggi in cerca d'autore, Luigi Pirandello

 

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