CRINALI DI ESISTENZA
RIASSUNTO
Ripercorrerò i passi della mia esistenza e ritroverò l’amore germogliato su quel treno che mi portò ad assaporare il futuro. Non so se vivrò mai più l’amore nato in quel viaggio, ma poco importa, lo sognerò ogni giorno e questo può bastare. La ritroverò la magia che mi legava a quell’amore quando i suoi silenzi ispiravano parole che la passione trasformava in versi. Mi piaceva il suo sguardo che si prendeva cura di ogni gesto, così come la sua voce e le sue labbra che scaldavano il cuore. Anche le sue mani, minute ma avvolgenti, e il suo corpo mai sazio, avevano il sapore dell’amore. Avrei potuto abbracciarla e carezzarla per ore senza mai stancarmi. Avrei voluto scrivere versi per l’eternità abbracciato a quella Vita ma, a causa di ciò che la modernità c’impone, sono arrivato tardi. Ora vivo ai margini del mondo, ma amo quel sogno più di prima e mai mi arrenderò. In fondo è così quando si è innamorati della Vita. Vero, poesia?
Allora, come ho sempre fatto, scrivo ciò che sento per non dimenticare. In queste pagine mi metto a nudo e urlo al mondo: io t’amo Vita e vorrei viverti finché son vivo. Sogno di prenderti per un verso, poi ti carezzo, ti scrivo, ti abbraccio e ti faccio mia senza darti il tempo di pensare. Con questa raccolta dirò al mondo cos’ho dentro il cuore e, cantando le parole imprigionate da qualche parte in gola, scriverò per te ciò che intendo per amore. Ti adoro con la tua veste addosso, poesia, per me sei pura e non sarai mai nuda! Ti voglio candida come il tuo sguardo, ma vestita d’amore, ornata di vero, come sei sempre stata, e abbracciata al germoglio di un verso appena nato: dov’è l’amore che vivevamo ieri e che oggi invoco con una preghiera che non riesco più a incarnare?
Non ho una risposta, vita. Ma sono certo che ogni lettore, interrogando l’amore che ha nel cuore, la troverà fra i versi che seguono.
È questo l’amore che mi lega alla Vita e a te… poesia.
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RECENSIONE
Cara lettrice e caro lettore so che questa raccolta, per chi mi ha già letto e mi conosce, potrà suscitare curiosità e stupore. Curiosità perché, dopo tre romanzi, torno alla poesia richiamato da una voce impercettibile, ma determinata. Stupore perché in alcuni componimenti si percepiranno le stesse emozioni vissute leggendo i romanzi, in particolare l’ultimo, Non aver paura, scritto dopo una lunga malattia.
Ho avvertito l’esigenza quasi impellente di selezionare alcune liriche – fra le centinaia che non ho mai smesso di scrivere –, e di dare un titolo a questo lavoro: Emozioni e Poesia.
Dopo la paura di soccombere alla malattia, e subito dopo di affondare nel baratro del fallimento della mia azienda, ho avuto l’impulso di far sapere agli altri cosa accade nella vita di un uomo quando la sorte cambia direzione o peggio gli volta le spalle. Forse nella mia scelta ha pesato anche la volontà di raccontare in poesia ciò che la vita regala a chi, nonostante tutto, crede che il mondo si possa ancora salvare.
Sono certo che è possibile rinsavire abbandonando arrivismo e presunzione, che qualcuno confonde con il progresso. Dovremmo dismettere i ninnoli d’oro e tornare a essere le persone di una volta riscoprendo il dialogo, rimettendo insieme le famiglie e in piedi le istituzioni. Anche i valori, vessillo di ogni esistenza in tempi nemmeno troppo lontani, torneranno a splendere e a sventolare insieme al tricolore, che pare da tempo ammainato.
Dopo la pubblicazione dell’ultimo romanzo, sentii il bisogno di raccontare in poesia ciò che avevo già fatto in prosa, ovvero i fatti salienti del mio percorso di malato. Il viaggio onirico cominciò ancora prima di quello fisico. Scrissi infatti la prima lirica di questa raccolta, A mia madre, nell’agosto 2011 quando della malattia, che mi avrebbe tenuto in scacco per due anni, non sapevo nulla. La composi quando mi resi conto che lei non mi riconosceva più. È una poesia che l’emozione m’impedisce di commentare, ma sono certo che lo faranno i versi al posto mio.
La rivelazione della malattia fu traumatica ma, anche se ferito nel fisico e nel morale, portò a galla fatti che, per alcuni versi, mi devastarono più del dolore e della paura di morire. Nacque da quel timore la lirica Radici, dedicata alla mia terra natia, di cui riporto qui alcuni versi che ancora mi scuotono: “Io sono nato qui, appartengo a questa terra / a questo colle e a questa storia!”. Una storia che non avrei voluto vivere, mai avrei voluto abbandonare il paese da adolescente, ma il fato non mi diede altre possibilità.
Non potei rifiutare nemmeno la malattia e l’ho vissuta senza piangermi addosso. Infatti, in attesa dell’intervento, la voglia di comprendere chi non voleva capirmi finiva dove iniziava la sofferenza che mi calpestava al punto da pormi tanti, troppi perché, che restavano senza risposte. In quei momenti ho provato a darmele da solo, non ci sono riuscito, ma ho continuato a scrivere come un folle. Una possibile risposta ai miei quesiti, ma nessuno l’aveva compresa, è racchiusa in due versi di un’altra poesia dal titolo Forse, che è rimasta stampata in modo indelebile nel mio essere: “Mostrerò al mondo cos’ho dentro il cuore / e ciò ch’è fermo da qualche parte in gola”. I nodi che mi attanagliavano fermavano le risposte che avrei voluto dare al mondo che mi circondava, ma le ho scritte. Ne ho scritte tante e ne parlerò meglio all’inizio di ogni capitolo.
***
Tornato a casa, quando le mani riacquistarono la forza per sfiorare i tasti e la bruma che annebbiava la mia mente si diradò, ricominciai a scrivere di getto ogni pensiero che si presentava. In quel momento percepivo che, dentro di me, lentamente tornavo a essere un uomo.
È merito dell’altro Carmelo, quello riemerso da un abisso, se ho scritto poesie come Lassù, Essere, L’urlo del silenzio e altre con versi semplici, ma che parlando di una seconda vita, lasciano e lanciano segnali permanenti. Sono certo che chiunque superi momenti tanto tragici guarderà poi la vita da una prospettiva che altri non riusciranno mai a vedere. Ma quando la malattia diviene solo più un ricordo, chi ne ha avuto esperienza e ha temuto di perdere ogni possibilità farà di tutto per vivere a piene mani ogni giorno, ogni sentimento, ogni amore e ogni affetto.
Ci sono poi poesie di riflessione come Il mondo, Lasciati andare, Tutti noi, Non ho mai pianto, con tracce di diffidenza, forse di sospetto e sdegno nei primi versi, ma concluse sempre con segnali positivi e propositivi. Per esempio Il canto di un soldato, struggente e drammatica, si conclude con questi versi: “In cerca di un sorriso che asciughi il pianto / di chi crede ancora nella vita e nei valori / e fugge dalla guerra in cerca d’amore.” Sono versi che evidenziano la tematica di tutta la raccolta, ovvero l’amore per la vita, per la natura e per il prossimo, ma soprattutto l’amore vero, quello che fa battere il cuore, che fa sognare, che appassiona, che fa vivere e che fa volare unendo le ali di due persone che, anche lontane, respireranno le stesse sensazioni.
Questi componimenti abbracciano tematiche esistenziali, di amore, di passione, di riflessione, di malattia, di paura ma, soprattutto, di vita che vuole e che dev’essere vissuta in ogni circostanza, senza remore e senza paura. Sono certo che chiunque riviva la vita, che per lungo tempo ha creduto di perdere per sempre, continuerà a sognare e a esortare tutti di viverla a piene mani. Concludo con il ricordo del mio primo passo dopo l’intervento al cervello. In ospedale, quando le infermiere provarono a farmi camminare, piansi a dirotto. All’affermazione della caposala che mi disse: «Non devi piangere, ma gioire».
Io risposi: «Sono emozionato da questa sensazione mai provata da una vita appena rinata». Questa semplice frase, con il trascorrere dei giorni, è divenuta magica e mi ha convinto che devo vivere la vita finché son vivo. Come ognuno dovrebbe fare.
Concludo citando la poesia Pagherò, con la quale intendo manifestare che ogni essere vivente deve rimanere se stesso a qualunque costo. Infatti la lirica termina con versi che non lasciano dubbi: “La vita che vivrò amando l’amore / e la natura prima che tutto si disgreghi. / Non rinuncerò agli amori che ho nel cuore, / dirò loro t’amo in ogni aurora e, / nutrendo l’anima e il cuore con il credo, / lo ripeterò ogni sera e, a costo di pagare, / amerò tutti con lo stesso amore”.
Questa raccolta, che si conclude con alcune liriche a tema religioso, è per me il canto dell’anima, la voce della mente e il sussulto del cuore. Ma, soprattutto, sono liriche dettate dalla vita vissuta e percepite con lo sguardo rivolto al mondo.
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